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Il ruolo degli imballaggi

Il ruolo degli imballaggi per alimenti, fino ad ora, è stato quello di proteggere fisicamente il cibo che arriva sulle nostre tavole dall’ambiente esterno, il quale può intaccarne la bontà in molteplici modi, basti pensare agli effetti della polvere, degli urti dovuti al trasporto, della luce, ma anche degli odori e dell’umidità. Ad oggi però i consumatori chiedono anche packaging più sostenibili, cibi più sani, più sicuri e capaci di conservare le proprietà organolettiche più a lungo; quest’ultima caratteristica permetterebbe inoltre di ridurre la piaga dello spreco alimentare, attestato intorno al 18% del cibo totale venduto in Italia (dati riportati dall’università di Bologna in collaborazione con il Ministero dell’ambiente). Tutto questo ha portato allo sviluppo di una nuova tecnologia di involucri, come ad esempio gli imballaggi attivi (active packaging AP) che, come definito nel regolamento europeo (CE) No 450/2009, sono progettati per “incorporare elementi che rilasciano o assorbono sostanze nel o dal cibo confezionato o dall’ambiente circostante al cibo […] e per prolungarne la durata di conservazione o mantenere o migliorare le condizioni degli alimenti confezionati”. Più in generale si utilizza il termine intelligent packaging o smart packaging per indicare tutti quei metodi di confezionamento che abbiano qualche funzione aggiuntiva oltre a quelle classiche di protezione fisica e ambientale descritte nelle prime righe. 

Solitamente i sistemi di imballaggio intelligente prevedono l’integrazione di pellicole bidimensionali, gas, olii o oggetti come sensori e indicatori nel pacchetto finale. Le tre tecnologie principali utilizzano: 

  • Indicatori che mirano ad informare i consumatori sulla qualità degli alimenti;
  • Sostanze in grado di controllare o modificare l’atmosfera a contatto con l’alimento (Active Packaging);
  • Codici a barre ed etichette di identificazione a radiofrequenza (RFID), utilizzate per raccogliere e gestire dati sulla distribuzione e la tracciabilità. 

Andiamo a descrivere meglio le tecnologie più interessanti.

    Indicatori di temperatura o TTIs

    Le grandi variazioni di temperatura sono una delle principali cause di deterioramento di molti alimenti; tale fenomeno si realizza soprattutto nella fase di trasporto e distribuzione dei beni ed è causa di una grande quantità di sprechi alimentari nonché di intossicazioni. Dal momento che si parla di fluttuazioni di temperatura non è sufficiente esaminare le condizioni iniziali e finali per trarre conclusioni, motivo per cui sono stati introdotti gli indicatori tempo-temperatura detti anche TTIs (time-temperature integrators). Questi indicatori vengono integrati al packaging al fine di segnalare se il prodotto sia stato scaldato o raffreddato al di fuori di un certo intervallo di temperatura durante tutto il ciclo di vita del prodotto, dal confezionamento all’apertura del pacchetto, segnalando eventuali anomalie al consumatore.

    I TTIs sono suddivisibili in tre classi principali: i primi monitorano che la temperatura non abbia superato le soglie di accettabilità imposte (e.g. Tcritica=15°C +-10°C); i secondi monitorano che il prodotto non abbia passato un tempo eccessivo a temperature prossime al limite di tolleranza (e.g. Ttarget=15°C +-5°C con limite a T=20°C di 30 minuti), ed infine quelli che registrano, grazie a dei sensori elettronici, l’intero storico dati di tempo-temperatura. Questi ultimi forniscono molti più dati rispetto agli altri e hanno una precisione decisamente più elevata ma, dato il loro grado di complessità, comportano anche un costo superiore.

    I TTIs che rilevano gli sforamenti dei limiti di temperatura o tempo-temperatura utilizzano indicatori molto più semplici che avvisano il consumatore della problematica tramite cambiamenti irreversibili di colorazione, traslazione di indicazioni colorate o deformazione meccanica. La tecnologia alla base di questi fenomeni sfrutta reazioni chimiche/biologiche o cambiamenti nella struttura superficiale di nanoparticelle metalliche. Ad esempio, come si legge nello studio di Wang, Lu & Gunasekara, del 2017 “Biopolymer/gold nanoparticles composite plasmonic thermal history indicator to monitor quality and safety of perishable bioproducts.” utilizzando una gelatina di nanoparticelle d’oro è possibile creare un indicatore termico che cambi colore quando esposto a temperature superiori di 30 °C, intensificando la colorazione in funzione del tempo di esposizione. Un altro esempio è quello realizzato da Vitsab Checkpoint che, tramite la reazione di idrolisi di un enzima su di un substrato, fa variare la colorazione dell’indicatore in funzione del rapporto tra tempo-temperatura; questo sistema si attiva con un’iniziale pressione sull’etichetta per poi variare in funzione dell’esposizione termica, dal verde all’arancione fino al rosso. Altri famosi produttori di indicatori di questo tipo sono Fresh-Check, HEATmarker e OnVu.

    I limiti di questa tipologia di indicatori sono:

    • L’accuratezza e l’affidabilità mediocre in condizioni non standard come vibrazioni, impatti e compressioni;
    • Il rischio di contaminazione chimica del cibo;
    • Il costo non del tutto trascurabile.

      Cambiamenti di colore di un indicatore Vitsab CheckPoint® TTI label

      Indicatori di freschezza

      Tipicamente utilizzati per il packaging di prodotti ittici, questi indicatori forniscono informazioni dirette al consumatore riguardo eventuali reazioni chimiche o elevate cariche batteriche presenti nella confezione, al fine di evitare intossicazioni alimentari. Nei frutti di mare, ad esempio, rilevano il tenore totale di azoto presente nella confezione tramite indicatori di pH o conduttometri, apparecchiature che sfruttano appunto la conducibilità degli ioni presenti in soluzione per analizzare la concentrazione [Heising, van Boekel & Dekker, 2015, “Simulations on the prediction of cod (Gadus morhua) freshness from an intelligent packaging sensor concept.]. Nella carne invece, per determinarne la freschezza, si utilizzano indicatori che rilevano l’acido solfidrico. Le aziende più famose che hanno commercializzato questi indicatori sono Toxin Alert Inc. con l’indicatore Toxinguard® e SensorQ™ di FQSI Inc.

      Gas Indicators

      I Gas Indicators sono degli speciali indicatori che, anziché monitorare le condizioni esterne al pacchetto, analizzano i gas contenuti all’interno e le sue evoluzioni. Negli imballaggi alimentari i Gas Indicators sono integrati sotto forma di etichette per imballaggi o pellicole che rilevano ossigeno, etanolo, acido solfidrico (H2S), vapore acqueo, anidride carbonica o altro.

      Nell’articolo “Irreversible sensing of oxygen ingress.” del 2010, Wilhelm e Wolfbeis hanno presentato due diversi indicatori opto-chimici basati sull’assorbimento dell’ossigeno, consistenti in coloranti Leuco (Leuco indaco e Leuco tioindaco) incorporati in due tipi di matrici polimeriche, poli(stirene-co-acrilonitrile) (PSAN, con 30% di acrilonitrile) e l’idrogel polimerico D4 (un poliuretano lineare). I risultati dei loro esperimenti mostrano che LI-D4 causa un cambio di colore irreversibile, da giallo a blu, in pochi minuti da quando si introduce aria all’interno dell’imballaggio mentre l’indicatore LTI-PSAN richiede diverse ore e varia la colorazione da giallo a rosso. I risultati di questi esperimenti sono stati poi affinati e perfezionati nel tempo da diverse aziende, tra cui le più famose sono DryPark Industries e Mitsubishi Gas Chemical Company, che ha chiamato il suo indicatore Ageless Eye (visibile in figura sotto).

      Indicatore di ossigeno Ageless Eye®

      Active Packaging

      Come è facile intuire, le principali cause di deterioramento dei prodotti alimentari dipendono dall’alterazione delle condizioni ambientali all’interno del contenitore, come un aumento dell’umidità, l’inizio di processi di ossidazione e l’aumento del numero di microrganismi patogeni, compresi batteri e funghi. Gli AP, al contrario dei packaging innovativi che abbiamo illustrato fino ad ora, non si limitano a segnalare l’avvenuto deterioramento del contenuto ma anzi cerca di prevenirlo per estenderne la scadenza. I meccanismi di AP sono suddivisibili in due categorie: quelli a rilascio di sostanze protettive e quelli ad assorbimento di sostanze dannose per la conservazione dell’alimento. 

      Diagramma schematico per sistemi attivi di confezionamento degli alimenti. (dall’articolo “Food Packaging: A Comprehensive Review and Future Trends” di Han, Ruiz-Garcia & Yang)

      Altri sistemi innovativi 

      Oltre alle tecnologie e ai sistemi appena esposti esistono anche altri metodi innovativi che però sono ancora in fase di sviluppo, come ad esempio l’utilizzo di inchiostri termosensibili che cambiano colore quando la temperatura raggiunge un intervallo prestabilito in modo da informare i fruitori del raggiungimento della temperatura ideale di consumo o della completa cottura del cibo (vedasi i prodotti delle aziende statunitensi LCR Hallcrest, CTI Inks, QCR Solutions Corp., e delle britanniche Siltech Ltd., and B&H Colour Change). 

      Un’ulteriore innovazione riguarda le pellicole commestibili, create ad esempio utilizzando proteine del latte e gelatine, le quali sono in grado di avvolgere e conservare meglio i prodotti, riducendo al contempo l’impatto ambientale degli imballaggi, come si legge nell’articolo di Barreto, Pires, & Soldi, “Thermal degradation of ediblefilms based on milk proteins and gelatin in inert atmosphere”. Questi rivestimenti commestibili forniscono una sostituzione e/o fortificazione degli strati naturali sulle superfici dei prodotti, prevenendo la perdita di umidità e di aromi, ma consentendo allo stesso tempo uno scambio controllato di gas importanti in quanto utili alla respirazione dei prodotti alimentari, quali ossigeno, anidride carbonica ed etilene.

      Il ruolo del fornitore di componenti

      Un’attività complessa come la realizzazione delle macchine per il settore del packaging alimentare può trovare un valido supporto nei fornitori di componenti.

      È il caso di R+W azienda leader nella produzione di giunti e alberi di trasmissione, in grado di mettere la sua esperienza a disposizione del progettista.

      Il packaging, spesso considerato un aspetto minimale del prodotto, incide fino al 40% sul prezzo di vendita al dettaglio dell’oggetto, svolgendo un ruolo di primaria importanza non solo sulla conservazione del cibo ma anche dal punto di vista del marketing. Questo si traduce in un continuo rinnovo dei formati, dei materiali impiegati nel confezionamento e nella costruzione di macchinari custom per fabbricarli.

      R+W, essendo a conoscenza di queste esigenze, propone soluzioni specifiche per il packaging grazie all’estrema possibilità di personalizzazione delle geometrie, dei materiali e delle coppie trasmesse dai suoi giunti; i più utilizzati in questo settore sono le serie BK ed EK, giunti molto compatti realizzati in acciaio inox saldato.

      R+W è sempre a disposizione per fornire maggiori informazioni anche sui giunti intelligenti  AIC ascoltare e comprendere le esigenze dei suoi clienti, offrire consulenze senza impegno e in tempo reale per identificare il giunto ideale di ogni progetto e rispondere molto rapidamente anche alle richieste di preventivi.

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