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Il riutilizzo degli inerti è possibile e fruttuoso

Il riutilizzo degli inerti è possibile e fruttuoso

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Anche gli scarti da costruzione e demolizione possono avere una seconda vita. E la sfida futura coinvolge in prima persona i fornitori di impianti, macchine e tecnologie.

Secondo il rapporto 2021 dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) il quantitativo di rifiuti speciali generato in Italia nel 2019 è cresciuto di ben 10,5 milioni di tonnellate arrivando a sfiorare i 154 milioni di tonnellate.
Di questa categoria fanno parte i cosiddetti inerti e cioè in prevalenza gli scarti da costruzione e demolizione.
La definizione di inerte si deve al fatto che questo tipo di materiali non subisce alcuna trasformazione di ordine chimico, fisico o biologico.
Dunque, secondo la descrizione offertane dal fornitore di servizi completi per la gestione ambientale Ecoopera, «non si dissolvono, non bruciano, degradano naturalmente e (…) se non contaminati da altre sostanze pericolose, non hanno effetti nocivi sulla salute umana e non provocano inquinamento ambientale».

La loro movimentazione può avvenire con diverse tipologie di macchinari dai nastri trasportatori orizzontali e inclinati a quelli traslatori reversibili fino ai nastri trasportatori a tapparelle metalliche o a tazze, dipende dal contesto industriale.
«Si tratta di
impianti per loro natura robusti che devono funzionare 24 su 24 7 giorni su 7 e per questo hanno bisogno di una componentistica ad hoc», spiega Davide Fusari, country manager per l’Italia di R+W multinazionale tedesca specializzata nella produzione di giunti. «Un esempio possono essere i nostri giunti a denti della serie BZ e i limitatori di coppia modulari ST.

I primi sono prodotti interamente metallici decisamente massicci e resistenti con un ottimo rapporto dimensioni coppia trasmissibile, quindi particolarmente adatti a grandi impianti come quelli destinati alla movimentazione di materiale inerte», prosegue Fusari.

«I secondi, invece, sono sistemi di sicurezza che permettono di proteggere impianti di questo tipo da sovraccarichi di coppia che, visto la natura del materiale trasportato, sono indubbiamente da mettere in conto».    

Sempre più sensibili al riciclo

Anche per questo tipo di materiali, negli ultimi anni, è aumentata l’attenzione al riciclo e al loro smaltimento, normato nel dettaglio dai decreti legislativi numero 36 del 13 gennaio 2003 e numero 121 del 3 settembre 2020.
Il riutilizzo come materia prima secondaria è invece regolato dal decreto ministeriale del 5 febbraio 1998.
In tema di riuso l’Istituto, ripreso dal sito Recycling Industry, nel suo 20esimo rapporto ha calcolato che «si recupera materia dal 69% dei rifiuti speciali avviati a gestione»; solo il 7,3% viene indirizzato alle discariche.

L’Italia che ricicla

In particolare, la Penisola è capofila europeo del riciclo di materiali da costruzione e demolizione con uno share del 78,1% contro l’obiettivo continentale 2020 del 70%.
Fra il 2018 e il 2019 i rifiuti speciali sono aumentati nel complesso del 7,3% e quelli di provenienza edile addirittura del doppio: 14%.

Rappresentano perciò, coi loro 70 milioni di tonnellate, quasi la metà del totale (45,5%).
Come opportunamente riportato dal già citato notiziario online, a questo punto il Paese si trova di fronte a un’ulteriore e affascinante sfida, che coinvolge in prima persona i fornitori di impianti, macchine e tecnologie.

Quella cioè di superare i risultati da primato sin qui conseguiti mettendo a punto, a partire da modelli di progettazione sostenibili, soluzioni capaci di ottimizzare il ciclo disegnando sin dal principio «prodotti maggiormente riciclabili oppure più facilmente smontabili».

Che il riutilizzo degli inerti sia possibile e anzi fruttuoso lo ha certificato Legambiente con il suo Speciale 2021 sui cosiddetti comuni ricicloni ove trovano spazio i dati inerenti alle singole tipologie di rifiuto e tassi di riciclo e i premi assegnati dalle relative associazioni di categoria.

Vi si legge come, grazie all’iniziativa del cantiere ferrarese Le Corti di Medoro sia stato possibile dare vita a 233 unità immobiliari a prezzi calmierati facendo tesoro dello smaltimento di rifiuti inerti.

Dal rifiuto, una casa per tutti

L’idea è che vi abitino «studenti, giovani coppie e famiglie in difficoltà» e il principio-base è quello stabilito col criterio CAM 2.5.1 sulla demolizione e rimozione dei materiali che prevede l’avvio a recupero e riciclo del 70% almeno dei rifiuti derivanti da opere edilizie.

Da qui ha preso le mosse un progetto di monitoraggio della filiera che ha restituito informazioni interessanti.

«Oltre il 99% del rifiuto», ha riferito Legambiente, «è stato inviato al centro di recupero dei materiali da costruzione e demolizione (ben oltre la percentuale del 70% fissata per il 2020 dalla Direttiva europea 2008/98/Ce) e lo stesso è stato conferito entro 45 chilometri di distanza dal luogo di produzione, centrando ampiamente l’obiettivo dei 100 chilometri suggerito dal protocollo Itaca (strumento di valutazione del livello di sostenibilità energetica e ambientale degli edifici), al fine di rendere il processo sostenibile dal punto di vista ambientale ed economico.

Nello specifico, su 18 mila e 761,56 tonnellate, ne sono state avviate a riciclo ben 18 mila e 730, pari al 99,83%.

La sfida (…) è stata quella di trasferire queste pratiche anche su cantieri di minore dimensione, per dimostrare che capacità tecnica e volontà di perseguire l’obiettivo possono portare all’applicazione di buone prassi anche in ambiti apparentemente non adatti.

La mission è far sì che i processi di economia circolare diventino a tutti gli effetti uno standard di cantiere la cui applicazione è praticabile ovunque».

Nadia Anzani e Roberto Carminati
Nadia Anzani e Roberto Carminati

Articolo a cura dei giornalisti professionisti Nadia Anzani e Roberto Carminati

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Nadia Anzani e Roberto Carminati

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