Il motore dell’economia circolare
L’industria della meccanica e delle trasmissioni di potenza può giocare un ruolo importante nella doverosa transizione verso una società più sostenibile dal punto di vista ambientale, grazie alla presenza dei suoi componenti in impianti e in processi essenziali ai fini del riciclo.
Quella degli impianti e delle tecnologie per la triturazione dei materiali non alimentari esausti e di scarto è una delle aree di destinazione possibili per i componenti realizzati da imprese attive nel settore della trasmissione di potenza. Ed è probabile che il suo peso economico cresca enormemente negli anni a venire, vista la necessità di adottare politiche e processi industriali sempre più sostenibili e quindi fortemente orientati al riciclo.
Ripresa dalle pagine ufficiali dello World Economic Forum, la multinazionale della consulenza Accenture ha calcolato allo scorso giugno che la cosiddetta economia circolare può liberare, se adottata su vasta scala, un potenziale da 4,5 trilioni di dollari entro il 2030.
Esempi virtuosi di strategia del riuso sono trasversali a qualsiasi settore industriale, secondo il Forum: dalla moda all’hardware informatico sino allo automotive. Johnson Controls è riuscita per esempio a riprogettare la produzione delle sue batterie auto in modo da permettere che il 99% dei materiali di cui esse sono composte sia riutilizzabile. Secondo Legambiente la circular economy potrebbe originare, sempre di qui al 2030, un incremento del Prodotto interno lordo da sette punti percentuali nella sola Unione Europea. E contestualmente, un innalzamento dell’11% del potere di acquisto delle famiglie, insieme a tre milioni di nuovi posti di lavoro.
Il riciclo dei pneumatici tra i settori in crescita
Triturazione e frantumazione sono i processi di base per l’estrazione del polverino di gomma dagli pneumatici dismessi o fuori uso (Pfu), che è di comune utilizzo nella siderurgia come nella produzione secondaria di gomma; nel tessile e nel petrolchimico, negli asfalti. In questo ultimo caso, ancora Legambiente ha notato che i processi produttivi sono ormai consolidati e tuttavia la carenza di adeguate competenze tecnico-normative ne sta rallentando la diffusione. Il potenziamento degli impianti di recupero degli pneumatici e il conseguente aumento delle moli trattate consentirebbe il rifacimento di un manto stradale della complessiva lunghezza di 26 mila chilometri, con il surplus di sicurezza e qualità che il polverino di gomma assicura. Ne deriverebbero, poiché non si userebbero materiali derivati dal petrolio, un risparmio energetico da 400 mila megawatt/ora; e un ridimensionamento delle emissioni dannose per quasi 230 mila tonnellate.
Sale la domanda di macchinari specifici
Un settore in forte crescita quello del recupero degli pneumatici così come quello dei materiali ferrosi e della plastica da scarti di lavorazione industriali. Tanto che negli ultimi anni, complice la centralità dell’economia circolare, il settore ha vissuto una forte accelerazione spingendo anche la domanda di macchinari per la frantumazione dei diversi materiali da recupero.
Il trend ha convinto R+W Italia a entrare in modo più determinato in questo settore con prodotti ad hoc. «Quello della frantumazione è un mercato in grande crescita in cui siamo già presenti da qualche anno», ha spiegato Davide Fusari, Country manager per l’Italia di R+W. «Ora però intendiamo aggredirlo con maggior convinzione pensando a giunti e limitatori di coppia adatti al tipo di macchinari che operano in questo settore», ha aggiunto il manager. «Questo significa pensare a prodotti con un costo contenuto, robusti e in grado di soddisfare le esigenze di impianti che lavorano h 24, normalmente soggetti a scarsi cicli di manutenzione».
Nei laboratori italiani della multinazionale tedesca gli studi e le prove tecniche per trovare soluzioni adatte per il settore della frantumazione di materiale ferroso, pneumatici e materie plastiche sono già in corso e se tutto va bene sbarcheranno sul mercato nel corso del 2018.