
SFIDE E INNOVAZIONI PER UN IMBALLAGGIO SOSTENIBILE

Ogni anno, il mondo produce oltre 400 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica e il packaging dei prodotti rappresenta quasi la metà di questa quantità impressionante. Questa crisi ambientale ha spinto i governi e i consumatori a chiedere alle industrie di reimmaginare il modo in cui i prodotti raggiungono gli scaffali. Per questo motivo l’industria dell’imballaggio si trova ad un punto di svolta, il settore deve continuare a innovare sperimentando materiali innovativi, macchine in grado di automatizzarne i processi e design più ecologici per rimanere al passo con le esigenze del mercato.
Da dove ha origine questa spinta sostenibile
Con gli effetti del cambiamento climatico osservabili ovunque e l’inquinamento ambientale sempre presente fra gli articoli dei giornali, i consumatori e i governi di tutto il mondo hanno iniziato a chiedere interventi per risolvere o arginare questo genere di problemi, additando come responsabili non solo l’uso di combustibili fossili, come avveniva in passato, ma anche l’industria del packaging e degli oggetti monouso. Nell’ultimo decennio svariate inchieste ed articoli, come “Trophic transfer of microplastics and mixed contaminants in the marine food web and implications for human health” dei ricercatori M. Carbery, W. O’Connor e P. Thavamani dell’università del Newcastle in Australia, hanno sottolineato le problematiche ambientali e della salute umana causate dall’aumento esponenziale della produzione, dello smaltimento e soprattutto della dispersione nell’ambiente dei rifiuti in plastica o in materiali multistrato provenienti da oggetti di questo tipo. In risposta a queste preoccupazioni dei consumatori, i governi e gli organismi internazionali hanno introdotto regolamentazioni più severe, come ad esempio la “Strategy for Plastics in the Circular Economy” presentata dalla commissione europea nel gennaio del 2018 e la direttiva SUPD (Single-Use Plastics Directive) del 2019 sulla plastica monouso. Entrambe hanno portato alla revisione del quadro legislativo sui rifiuti fissando obiettivi chiari in materia di riduzione, gestione e riciclaggio, vietando l’uso della plastica monouso nel 2021 e ponendo come obbiettivo la riduzione del 70% dei rifiuti da imballaggio. L’Italia ha recepito la Direttiva UE 2019/904 sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente andando però ad allentare la stretta della UE, permettendo l’uso di plastica compostabile/biodegradabile che abbia percentuali crescenti di materia prima rinnovabile laddove “non sia possibile l’uso di alternative riutilizzabili ai prodotti di plastica monouso destinati ad entrare in contatto con alimenti” così da non rendere troppo “brusco” e stringente il passaggio a soluzioni
Storia
La ricerca di materiali usa e getta per il packaging inizia a metà del 1700, quando i tabaccai londinesi cominciarono ad impiegare lo stagno per i barattoli di metallo utilizzati confezionare alcuni dei loro prodotti. L’uso di recipienti metallici per gli alimenti ha preso piede solo 50 anni più tardi, quando Napoleone Bonaparte offrì un premio a chiunque fosse riuscito a trovare un modo per conservare meglio il cibo per il suo esercito e Nicholas Appert presentò l’idea di “inscatolare” il cibo che, in breve tempo, portò allo sviluppo della lattina che oggi conosciamo.
Il cartone affonda invece le sue radici nel 1839, quando un gioielliere di Boston iniziò a produrre scatole rigide di carta da utilizzare nella sua attività. Poco dopo, nel 1871, fu inventato il cartone ondulato utilizzato come materiale riempitivo da imballaggio per proteggere materiali fragili come il vetro e come fodera per i cappelli degli eleganti inglesi. Alla fine del decennio, al materiale ondulato vennero aggiunti un primo e un secondo rivestimento, creando il primo caso di quello che oggi conosciamo come cartone ondulato a parete singola, che a fine secolo fu finalmente modellato in scatole.
Per quanto riguarda la forma di imballaggio più diffusa oggi, cioè la plastica, i suoi primi utilizzi risalgono all’invenzione del cellophane. Inventato nel 1900 dal chimico svizzero Jacques Brandenberger come materiale capace di respingere i liquidi, il cellophane fu adottato dalla Whitman’s Candy Company nel 1912 come involucro per i suoi celebri Whitman’s Sampler.
Considerando invece il percorso evolutivo delle macchine per l’imballaggio, troviamo le sue origini durante la prima rivoluzione industriale, quando ancora la norma era il confezionamento manuale. Tale metodo, altamente laborioso, si rivelò inefficiente con l’incremento della produzione di massa, spingendo la tecnologia a sviluppare sistemi meccanizzati di imballaggio tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Il graduale miglioramento delle linee di confezionamento ha permesso ai produttori di utilizzare vari metodi di packaging, come il riempimento, la sigillatura e l’etichettatura, con una velocità e una precisione senza precedenti. Tali progressi nella meccanizzazione, in precedenza sospinti dalla necessità di una produzione di massa, si sono successivamente resi protagonisti dell’aumento stesso della domanda, con l’innesco del fenomeno del consumismo, in cui l’imballaggio stesso è divenuto parte integrante del prodotto grazie alla sua capacità di veicolare efficacemente il marketing e le informazioni.

Principi di Food ECO-Design
Il mercato degli imballaggi è già cambiato in vari modi, con uno spostamento verso imballaggi di origine rinnovabile e riutilizzabili e un generale allontanamento dalla plastica tradizionale basata sui combustibili fossili. Durante questa transizione, le aziende di tutto il mondo hanno deciso di sostituire la plastica con la carta, preferita dal 62% dei consumatori che la considera più ecologica.
Sebbene il passaggio alla carta abbia i suoi vantaggi, in quanto il materiale è più facilmente riciclabile e biodegradabile della plastica, una sostituzione totale senza porsi alcuna remora potrebbe essere una scelta miope. Ad esempio, la carta essendo più pesante della plastica e meno resistente comporta lo spostamento di un peso ed un volume maggiore a parità di confezioni prodotte quindi un numero maggiore di veicoli, con conseguenti maggiori emissioni di gas serra e maggiore inquinamento atmosferico. Da considerazioni come questa è nata la teoria dell’eco-design applicata al cibo, secondo cui le aziende debbano valutare l’impatto ambientale dell’intero ciclo di vita dei materiali dei componenti da utilizzare per i propri prodotti. Questo approccio pone l’accento sulla riduzione dell’impatto ambientale del packaging lungo tutte le sue fasi, incoraggiando il riuso, la riprogettazione delle forme di imballaggio e l’uso di materiali innovativi come film biodegradabili e biocompatibili più sottili ma resistenti che consentano di ridurre l’uso di materiale senza comprometterne le prestazioni.
A perseguire tali scopi è estremamente utile l’impiego dell’intelligenza artificiale. Gli algoritmi di apprendimento automatico analizzano grandi quantità di dati per simulare milioni di soluzioni diverse e determinare l’uso ottimale delle forme e dei materiali che compongono il packaging, riducendo mediamente le dimensioni fino al 24% e i costi di spedizione del 5%.
Inoltre, le analisi di mercato confermano che le opzioni ecosostenibili, grazie all’utilizzando texture naturali e inchiostri ecologici, risultino visivamente più esteticamente appetibili per i consumatori.
Smart Packaging
Come già trattato nell’articolo (Intelligent Food Packaging | R+W Italia), è stata sviluppata una nuova tecnologia di involucri, detti smart packaging, ovvero metodi di confezionamento che abbiano qualche funzione aggiuntiva oltre a quelle classiche di protezione fisica e ambientale.
Le tre tecnologie principali utilizzate sono:
- Indicatori che mirano ad informare i consumatori sulla qualità degli alimenti, come gli indicatori di freschezza, tipicamente utilizzati per il packaging di prodotti ittici, forniscono informazioni dirette al consumatore riguardo eventuali reazioni chimiche o elevate cariche batteriche presenti nella confezione, al fine di evitare intossicazioni alimentari, oppure come gli indicatori di temperatura che monitorano e avvertono che la temperatura non abbia superato le soglie di accettabilità imposte.
- Gli Active Packaging, ovvero involucri in grado di controllare o modificare l’atmosfera tramite il rilascio di sostanze protettive o l’assorbimento di sostanze dannose per la conservazione dell’alimento.
- Codici a barre ed etichette di identificazione a radiofrequenza (RFID), utilizzate per raccogliere e gestire dati sulla distribuzione e la tracciabilità.

Diagramma schematico per sistemi attivi di confezionamento degli alimenti. (dall’articolo “Food Packaging: A Comprehensive Review and Future Trends” di Han, Ruiz-Garcia & Yang)
Il ruolo del fornitore di componenti
Guardando al futuro, l’industria dell’imballaggio dovrà dare priorità alla collaborazione lungo l’intera catena di approvvigionamento, instaurando partnership con fornitori e specialisti del settore per condividere conoscenze e progressi in materia di sostenibilità. È il caso di R+W azienda leader nella produzione di giunti e alberi di trasmissione, in grado di mettere la sua esperienza a disposizione del progettista per aiutarlo a migliorare l’efficienza operativa e ridurre l’impronta di carbonio dei processi di confezionamento.
Il packaging, spesso considerato un aspetto minimale del prodotto, incide fino al 40% sul prezzo di vendita al dettaglio dell’oggetto, svolgendo un ruolo di primaria importanza non solo sulla conservazione del cibo ma anche dal punto di vista del marketing. Questo si traduce in un continuo rinnovo dei formati, dei materiali impiegati nel confezionamento e nella costruzione di macchinari custom per fabbricarli.
R+W, essendo a conoscenza di queste esigenze, propone soluzioni specifiche per il packaging grazie all’estrema possibilità di personalizzazione delle geometrie, dei materiali e delle coppie trasmesse dai suoi giunti; i più utilizzati in questo settore sono le serie BK ed EK, giunti molto compatti realizzati in acciaio inox saldato.